FOLKLORE


Per la descrizione del costume dobbiamo distinguere quello festivo o "da sposa" e quello da lavoro "da contadinella".

Il primo composto da "lunga e ampia gonna nera finemente pieghettata, giubbetto di raso damascato con applicazioni di velluto nero, maniche rigonfie; appoggiato sulla sommita' del capo, un bizzarro cappello di feltro nero guarnito di piume di struzzo (con uno o due occhi di piuma di pavone che lascia scoperte le trecce raccolte sulla nuca e strette in lacci di fettuccia verde".
Attorno al collo un ampio foulard di seta con lunghe frange ricamato finemente, e, all'allacciatura della gonna, la "pezza del stomec" in panno e velluto rosso ricamato, leggermente rigida, a forma triangolare, quasi di cuore. Le calze sono rosse con ricami a fiore.

L'abito da lavoro invece prevede una gonna pieghettata in panno piu' andante o in fustagno, indossata sulla camicia con le maniche rimboccate. Attorno al collo un foulard meno pretenzioso, come piu' modesti sono i toni della "pezza del stomec". Niente giubbetto perche' il lavoro scalda da se'.

L'allacciatura della camicia e' fatta a mezzo di bottoni d'argento sferici finemente lavorati (che per il vestito festivo possono essere anche d'oro) e la loro congiunzione e' coperta da un nastro ricamato piu' o meno largo e lavorato a seconda della ricercatezza nel vestire.

La curva del collo e' sempre sottolineata dai "coralli", minuscoli "coralli granata uniti in filigrana, in file multiple, sull'ultima delle quali e' fissata spesso una spilla o fermaglio molto fine, o l'anello di sostegno di un piccolo Crocifisso in oro". Bottoni e coralli fanno parte, piu' lavorati e piu' preziosi, anche del vestito festivo.

Altro elemento importante sono i grossi orecchini d'oro, ad anello, di tipo zingaresco, dalla caratteristica lavorazione, ricollegabili all'influsso esercitato dagli orientali sui grosini emigranti nella Repubblica di S. Marco.

Retrodatando questo testo di un decennio potremmo leggere: "Le donne salgono ancora verso i maggenghi e puo' capitare di vederle con il bimbo posto nella gerla adattata a culla. Debbono camminare in montagna per cui vestono con maggior semplicita'. La gonna ha pieghe piť sciolte; ai piedi, magari, i " sciupei " zoccoli dalla suola di legno con punta acuta e ricurva". Oggi rimangono poche simpatiche "nonne" abbigliate in questo modo, mentre e' possibile ammirare bellissime donne con i meravigliosi costumi "della festa" a funzioni religiose o sagre.

Ormai in disuso, invece il costume maschile.

quello da lavoro formato da calzoni attillati di fustagno nero chiusi sotto il ginocchio, calzettoni di ruvida lana casalinga e giustacuore in panno rosso.

Nei giorni festivi, invece, diventa piu' elegante per cui sostituisce i calzoni con altri, sempre neri e attillati, ma di panno piu' fine; i calzettoni diventano piu' pretenziosi, tenuti stretti, sotto il ginocchio, da una leggera cintura in filo intrecciato che termina in due nappine. Analoga forma adotta intorno al collo della camicia cosi' che le nappine sostituiscono senza aver nulla da invidiarle la normale cravatta.

La camicia ha collo rotondo, con i bottoni in filo intrecciato. Il giustacuore, di velluto rosso, e' finemente ricamato ed i bottoni sono particolarmente lavorati.

Sulle origini del costume non si hanno notizie precise.


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